Beati
hispani quibus vivere bibere est è una celebre frase di Caius Iulius Caesar
(Roma 13 luglio 100 a.
C. - Roma 15 marzo 44 a.
C.). La traduzione è “Beati
gli ispanici per i quali vivere è bere”.
Di
primo acchito sembra la descrizione sintetica di una filosofia di vita godereccia
o un modo elegante per dare degli avvinazzati ad un popolo. Poi, ad un’analisi
più approfondita, ci si accorge che il concetto è più sottile.
Visto che gli spagnoli, già
ai tempi dell’impero romano, pronunciavano in modo indistinto le lettere V e B,
i verbi latini VIVERE (vivere) e BIBERE (bere) suonavano esattamente identici
dalle loro labbra.
Dunque,
la singolare battuta di spirito (è proprio il caso di dirlo) è tutta colpa
della fonetica che, già a quell’epoca, creava grattacapi agli spagnoli.
Sin dalla più tenera età, gli
ispanici si interrogano sul perché esistano due lettere diverse per riprodurre
lo stesso suono.
E se nella lingua parlata il problema non sussiste, in quella
scritta spesso si ritrovano preda dell’indecisione: sarà Segovia o Segobia?
Benda o Venda? [si scrive Segovia ed è una città situata in Castilla y León famosa, tra l'altro, per uno stupendo acquedotto romano; si scrive venda
e significa “benda”].
La
cosa si rivolta contro di noi quando ci accingiamo ad esprimerci in spagnolo e
ci ritroviamo di fronte a bailar (ballare), belleza (bellezza), valor
(coraggio) e ai famosi vivir (vivere) e beber (bere).
Cuidado
(attenzione). L’ideale sarebbe adottare una pronuncia che stia a metà tra la B e la V; insomma dovremmo inventarci una sorta di nuova lettera.
Visto che la
creatività è una delle caratteristiche che ci distingue in tutto il mondo, direi che possiamo farcela... o perlomeno provarci.