26 giugno 2014

Morto un papa se ne fa un altro: parola ai Mondiali 2014



Senza il frastuono delle vuvuzela e orfani del polpo Paul (che ci ha lasciati il 26 ottobre 2010) è ancora Mondiale… e noi ce lo siamo giocato giusto ieri, perdendo miseramente contro l’Uruguay.

La Roja vince il Mondiale 2010 in Sudafrica
I nostri vicini spagnoli avevano il titolo da difendere, però, ci hanno battuto sul tempo

13 giugno 2014 – La selezione spagnola scende in campo contro un’Olanda assetata di rivincita, decisa a ribaltare l’esito della finale del 2010 in Sudafrica. 

E lo fa alla grande: rifila cinque gol agli avversari andati momentaneamente in vantaggio con un rigore battuto da Xabi Alonso ma poi sprofondati in un totale black out. La Roja (la Rossa) subisce la temuta manita (lett. manina): 5 gol, come le 5 dita della mano.

Ho pensato che noi difficilmente avremmo fatto peggio… ora so che ci attendeva la stessa fine, solo con un’agonia più prolungata.


Dunque, il giorno seguente attendo trepidante il nostro esordio contro l’Inghilterra

Faccio uno strappo alla regola che mi vede coricarmi ogni sera verso le 22, mentre un’enorme bandiera tricolore domina il mio salotto-bonsai. 

Sono fiduciosa. 

Riesco a vincere l’abbiocco che mi coglie sulle 23, concentrandomi sui racconti mondiali di Rai Sport 1. Arriva il fischio d’inizio, sono super sveglia. Vinciamo 2-1 e giochiamo anche abbastanza bene, binomio che non sempre va di pari passo per noi! Il resto è già entrato nella storia, una super figuraccia con la Costarica e ieri l’epilogo con l’Uruguay.

Ma torniamo alla Spagna.

Il 18 giugno è il momento della verità. Il banco di prova è uno dei templi del calcio mondiale, lo stadio Maracanã, chiamato così da una specie di loro (pappagallo) originario della zona di Rio de Janeiro.

L’avversario da battere è il Cile di Vidal, pezzo glorioso della mia Juve. Non c’è la goleada della prima sfida, ma il 2-0 per il Cile è una sentenza senza appello: in meno di una settimana, i campioni in carica sono fuori dal Mondiale, ancor prima di aver giocato l’ultima partita della fase a gironi. 

Non era mai successo prima e di certo la Spagna non ci teneva a questo primato.

I calciatori spagnoli sconsolati dopo la sconfitta con il Cile

La nazionale spagnola ha attraversato una fase eccezionale che l’ha vista vincere dos Eurocopas (due Europei) nel 2008 e 2012 e el Mundial del 2010, galeotto per il difensore Gerard Piqué e Shakira, complice il Waka Waka. 

Per non parlare del lungo strapotere di club come il Barcellona di Guardiola e il Real Madrid fresco di vittoria in Champions League contro un’altra spagnola, l’Atletico Madrid.

Poi all’improvviso, come una doccia fredda, è arrivato el fracaso (la rovina). 



La stampa spagnola non ha cercato scuse:

la scritta “The end” campeggia sulla copertina della rivista sportiva Marca il 19 giugno con la foto di Andrés Iniesta di spalle con la testa tra le mani.

"Cementerio de reyes” (Cimitero di re) e“España fue el Titanic” (La Spagna è stata il Titanic) sono rispettivamente titoli di El Mundo e El País.

Allo stesso tempo, però, ha dimostrato un ammirevole senso di gratitudine per un gruppo di campioni che, negli ultimi anni, ha fatto sognare gli spagnoli col loro tiquitaca, amato e odiato ma di certo efficace… almeno fino al 13 giugno 2014.

Al Maracanã, dunque, si è consumata la caduta degli dei.

“Morto un papa se ne fa un altro”, ci si potrebbe consolare così. In spagnolo si dice A rey muerto, rey puesto che letteralmente significa “a re morto, re posto” ed è singolare perché, mentre in Brasile si assisteva all’abdicazione sportiva dei re di Spagna, in patria c’era un vero re che abdicava sul serio: Juan Carlos, nato a Roma 76 anni fa, lasciava la corona al figlio Felipe (ora Felipe VI), quarantasei anni e una moglie di origini borghesi, pure divorziata.



Felipe VI saluta la folla con la moglie e le figlie

Ufficialmente, il dovuto passaggio di testimone verso una monarchia più moderna e al passo coi tempi.
Per altri, un gesto “agevolato” dai problemi di salute di Juan Carlos e dalla scarsa popolarità dovuta a gaffes e scandali vari (secondo alcune fonti avrebbe avuto 1.500 amanti).

Poco importa.

La secolare storia della monarchia spagnola continua, come la storia della Roja nonostante le ultime cocenti sconfitte. Si rimetteranno in piedi, arriverà sangre nueva (nuova linfa) ad alimentare ancora il sogno.

Volveremos (ritorneremo) ha scritto un giornalista su Marca.com e c’è da crederci.